martedì 16 febbraio 2010

La panchina


La panchina

Con la sfocata sua maschera,
in un ciel biancheggiante di bolle,
il sol tentava di rimettersi in vetrina
giocando tra gli alberi di quel panorama
che con i rami in gemma ornavan col lor bacio
quel nuovo verde che andava estendendosi.
Anche se pallida era la sua sfera,
nel coperto mio, son salito al colle
ed oltre lo steccato, la nostra panchina
era ancor avvolta dall'ultima sparsa trama
di quella neve che sotto il tenue raggio

andava lentamente sciogliendosi.




Quant’anni son passati da quell'ieri
ed anche se nello sbiadito del tempo
il cuor nostro era ancor sul suo legno inciso.
Quasi lo volessi resuscitare
col dito ho scontornato quel suo disegno
sentendo al cuor una fitta feritrice.
Per un attimo t’ho rivista com'eri,
felice e sorridente nel contemplo
di quel paesaggio che ancor oggi è un paradiso
dove l’immensità del silenzio s’alza a cantare
quell'immagine che racchiude un regno
di cui la natura ne è l’indiscussa autrice.




Anche se nel suo traballante ancoraggio
sa ancor dar sostegno per l'appoggio
nonostante il tempo che per di la è passato,
mi son seduto e guardando in quell'ieri ormai silenzioso
t’ho immaginato ancor una volta al mio fianco
mentre la brezza levigava il mio volto.
Passato l’attimo, mi son alzato e del viaggio
ho ripreso la discesa in un lento adagio
rigirandomi di tanto in tanto verso quello steccato
finché ho visto salire sol quel manto erboso
che adornato dell'ultima chiazza di bianco
m’ha accompagnato sul passo del bosco folto.

Nilodan Gi. Pi.
14/02/2010

Nessun commento: