giovedì 12 aprile 2018

Anche se da quasi 12 anni non ci sei più anche oggi per me è il "Nostro anniversario"


Trentotto anni d’insieme
(1980 -- 12 Aprile --2018)

In quest’oggi sempre a te fedele
i ricordi s’aprono su quell’aprile
dove tutto era sole e miele.

Era un sabato primaverile
quando trentott’anni or sono
mi concedesti la tua mano giovanile.

In quel giorno del grande dono
la brezza aveva depurato il cielo
regalandoci un tempo buono.

Quasi avessi scalato un grattacielo
il cuor mio saliva oltre il suo battito
vedendoti nel tuo bianco con velo.

In quel tuo angelico vestito
quanto eri bella e sorridente
mentre io ebbi un fremito.

La chiesa era colma di gente
parenti amici organo e coretto
han allietato quel dì del nostro presente.

Quell’istante di noi or è in un quadretto
in cornice dal bordo dorato
nella camera del nostro grande affetto.

In ventisei anni tutto ci siam donato
e ancor ora sotto il rincorrersi delle stagioni
il mio cuore solo te ha amato.

© Nilodan Gi.Pi.
 12 Aprile 2018

martedì 26 settembre 2017

Sono ritornato




Ciao Adriana.

E ancor oggi, come tutti gli anni, nel ricordo di te, 
dopo quella triste domenica di Saronno,

son qui a ricordarti come unico splendido amore di una vita vissuta, 
amata e condivisa sotto ogni colore del cielo. 
Noi due insieme, abbiamo vissuto la "fiaba" della ns. vita!



Sono ritornato
11 anni dopo-[2006 - 17/09 - 2017]

E dopo anni son voluto ritornare
tra le braccia di un ricordo immortale
dove in quell’oasi di Premeno
ci eravamo concessi giorni esclusivi
confidando in un futuro dalle nuove radici.
All’inizio della terza stagione
quel dì il cielo era senza bagliore
la fresca brezza del vento inquieto
scompigliava la mia capigliatura
come tu facevi strapazzandomi la nuca.
Attraversando il parco del Bernocchi
ho visto due scoiattolini disinvolti
salire e ridiscendere da una castano
nascondendosi poi tra il fogliame
di un albero dalle foglie rade.
Dai rami di quei fusti secolari
ormai cinti dai carismi autunnali
foglie staccandosi dal ramo
prede dalle ali del vento
svolazzavano in modo sbilenco.
Alzandomi dalla panchina
mi son avviato verso l’uscita
il sublime silenzio della natura 
avvolgendomi nelle sue mescole
m’ha rifocillato per alcune ore. 
Proseguendo verso il paese
immerso nella sua regnante quiete
sono entrato nella chiesa semibuia
dove davanti al Cristo in croce
fioca fiammella ardeva su un tripode.   
Sedendomi nell’arcata laterale
ho preso a recitare qualche ave
dietro al paravento delle mie mani
mentre la mia mente si apriva
sul Bernocchi con te in carrozzina.
Io sulla panchina e tu al mio fianco
silenziosa tu leggevi un romanzo
bambini scorribandavano sui prati
rivedendo quel quadro mi son sentito teso
mentre sui miei occhi calava un velo.
Non nego, ho perso qualche lacrima
forte il cuore batteva la sua metrica
nel vedere quel Cristo dietro l’altare
mentre a occhi bassi a Lui rivolgevo
quei perché che in me battevano l’eco.
Uscendo con un nodo alla gola
il vento soffiava sulla mia rada chioma
il temporale già si mostrava inquieto
e sull’intorno che si faceva più cupo
a Premeno ho rivolto l’ultimo mio saluto.


© Nilodan Gi.Pi.
Settembre 2017


giovedì 8 giugno 2017

Son nato a maggio

Son nato a maggio

Son nato di maggio
e in quel dì al posto del sole
per moltissime ore
imperversò un pazzo nubifragio.
Internato in un viscido ammollo
dov’ero ormai da infiniti ieri
voci fuori campo parlavano di autoreti
mentre io dentro avevo il torcicollo.
Nel mio più che mai incazzato
sentivo altri parlar di un rigore
ma per altre voci era solo una punizione
e così nel tempo rimasi bloccato.
Allor come se fossi d’area un difensore
dal ventre scalciai da forsennato
finché qualcuno vedendoci un po’ chiaro
decise di farsi ispettore.
Sentendomi palpare in ogni lato
con maniere non del tutto dovute
mi ritrovai quasi a vedere la luce
ma il suo fastidio mi fece blindato.
Nel vedere quella luce artificiale
avendo in me la luna ipertesa
riscivolai subito in quella quarantena
dove l’oscurità rimaneva totale.
Se proprio dovevo sbucare
volevo inforcare occhiali schermati
ma i dottori non volendo darsi dei guai
dissero che avevano tutt’altro da fare.
E allor da buon (S) calciatore
mentre una mano poco gentile
estraendomi a forza di ire
ridendo mi disse che era rigore
impregnato da un odore strano
son uscito ad occhi chiusi
e tra i lor mille e più starnuti
presi due sculacciate sul deretano.
Fu in quei brutti momenti
che emanai un forestale urlo
non dico che mai feci poi a spruzzo
irrorando molti degli assistenti.
Mentre perlustravano il mio panorama
pensavo di sentirmi un dio
invece m’immersero in un tiepido bagnino
come se fossi una mela grama.
Così ridendo e sgambettando
dal mio pisellino s’è sprigionata
un’immensa e frizzante fontana
lavando chi mi stava accanto.
Finito pure quel mio nubifragio
per il resto della giornata
il sole con la sua raggiante ala
irrorò di luce quel dì del mio maggio.


© Nilodan Gi.Pi.- Giugno 2017

domenica 4 giugno 2017

Due di maggio (1926-2017)

Due maggio (1927 – 2017)

Sembrava un giorno come un altro
quel secondo dì fiorito a maggio
seppur da un po’ non avevi linguaggio
nulla faceva presagire a un baratro.
Tra flebo esami e ossigeno
stavi sonnolenta nel tuo letto bianco
e respirando ancor a pieno seno
noi tutti eravamo nel rinfranco.
Ormai da giorni eri in corsia
i tuoi malanni sembravano arginati
già si parlava di mandarti via
poiché dell’età ormai avevi i suoi alleati.
Il sole già volgeva al tramonto
il vento sì era da poco attenuato
ma col freddo che non dava sconto
da casa ero uscito ben intabarrato.
Così per assisterti a cena
sono arrivato alla solita ora
nel letto stavi immobile e serena
e in quel riposo ti lasciai un po’ ancora.
Quando sarebbe arrivata la tua portata
per aiutarti a mangiare qualcosa
allor sì che ti avrei svegliata
posando sul tuo tavolino ogni cosa.
Vedendo il tuo viso roseo e sorridente
sembravi più ringiovanita
nessun pensiero avevo sul tuo assente
mai pensato che la morte ti avesse rapita.
Con la cena in via di distribuzione
ti ho chiamata più volte a gran voce
ma le risposte non erano buone
così in me salì un brivido veloce.
Non ero pronto a credere alla realtà
a mezzodì eri viva anche se affaticata
ma tutt’altra fu la faccia della verità
mentr’io pensavo che ti saresti svegliata.
Quasi non volessi più disturbare
te ne sei andata nel silenzio più profondo
pur cercando con forza di non crollare
nel cuore mio ci fu un doloso affondo.
Quanti i ricordi nel mio presente
mi son visto bambino tra le tue braccia
mentre tu mi cullavi paziente
asciugandomi le lacrime dalla faccia.
Quanta tristezza ora porto nel cuore
mi mancherà la tua presenza quotidiana
ma di te avrò sempre un grande amore
mia carissima mamma Adriana.


© Nilodan Gi.Pi. -  Giugno 2017
(Grafica personale)