domenica 12 ottobre 2008

La notte delle stagioni

La notte delle stagioni
Al caldo sottocoperta
accompagnato dal sonno ristoratore
nel silenzio della notte deserta
il sogno m’ha fatto d’accompagnatore
tra quelle vie che dan vita alle stagioni
portandomi a rivivere attimi
di dolce primavera nei giorni buoni
e di grande speranza quando nei climi
che ai bimbi racchiudon spensieratezza
vedevo nel raggio del primo sole
rinascere la vita con tanta delicatezza
ammirando i fiori che sbocciavan nelle aiole
correndo nel cortile con ai piedi le zoccole
facendo partecipe chiunque s’affacciava
ai miei schiamazzi fatti di quelle piccole
gioie nell’aver visto dalla natura nascere le sue matricole.
E poi giunse anche l’estate fatta di nuovi colori
dalle splendide rose all’oro dei campi di grano
ove crescevan papaveri, fiordalisi e nuovi fiori
con gli uccelli che cantando scorazzavan sull’altipiano
mentr’io sul far della sera facevo il bagno
in quel mastello lasciato al calor del sole nel cortile
giocando poi con l’acqua come fossi in uno stagno
ridendo e scherzando in quel tiepido barile
ed alla sera vedevo il papà che in stalla
mungeva la nostra vacca che ci donava il fresco latte
per berlo poi nella prossima mattinata
mentre alla sera giocavamo sotto la luna fino alle 22 esatte.
Le prime foglie ingiallendosi dagli alberi scendevano
annunciando l’imminente arrivo dell’autunno
e la prima nebbia s’affacciava sull’altopiano
nascondendo il sole che allor si sentiva in affanno
perché le luci della sera scendevan presto dal cielo
portando un po’ di tristezza nel mio cuore
che vedeva avvicinarsi sempre più presto quel velo
che vien donato al sole quando tramonta e muore.
Una gelida brezza bussò alla porta dell’ultima stagione
portando nell’aria anche i primi candidi fiocchi di neve
che donavano l’inconfondibile visione
dell’inverno che non per nulla nella vita viene
perché sul calendario c’è il natale di dicembre
e visto che ero stato bravo avevo diritto al regalo
che già aspettavo con gioia anche se era fine novembre
contando i giorni che mancavano per slegarlo
ma ero archesi contento perché potevo finalmente giocare
e correre sulla fresca neve nel prato li vicino
con i miei piccoli amici e con loro creare
quel fantoccio bianco che poi tutti dicevan che era bellino
per la nostra gioia di aver realizzato un gran lavoro
di cui andavam poi fieri vedendo gli altri
perché quello per noi era un capolavoro
avendolo finito prima degli altri perché più scaltri.

Nilodan Gian Paolo
(Dalla raccolta “Pensieri & Ricordi”)

11/10/2008

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